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Quando i bulli diventano digitali

Cos'è il cyberbullismo e quali strumenti abbiamo per difenderci?


Le differenti tipologie di cyberbullismo

 

L’evoluzione del digitale e dei dispositivi connessi ha portato con sé anche una nuova forma di bullismo: si tratta del cyberbullismo (o cyberbullying). Un insieme di comportamenti aggressivi e intenzionali commessi attraverso l’uso di strumenti elettronici ai danni di una persona incapace di difendersi. 
Esistono diverse tipologie di cyberbullying, tutte compiute con il medesimo intento di ferire e denigrare ed attuate con modalità differenti. È necessario riconoscere le forme sotto le quali si celano questi atteggiamenti violenti per tutelare la propria incolumità fisica e mentale. 

  • Il “flaming” (dall’inglese “flame” fiamma) è un atteggiamento aggressivo, ostile e opprimente che avviene in uno spazio virtuale condiviso (social network, chat, forum…). L’obiettivo del “flamer” (colui che invia messaggi provocatori) è quello di ferire e denigrare, sfruttando l’assenza di un confronto immediato e, in alcuni casi, anche l’anonimato. 
    Esistono differenti modalità d flaming:
  1. FLAME TROLLING: si tratta della pubblicazione di un messaggio provocatorio, volutamente volgare e opinabile chiamato “bait”, ovvero esca e serve per innescare una disputa.
     
  2. FLAME WAR: spesso conseguente al flamebait, è uno scambio di insulti paragonabile a una rissa virtuale dove diverse persone prendono parte a una discussione carica di aggressività.
     
  3. FLAME NON INTENZIONALE: avviene quando un messaggio, non espresso correttamente, viene travisato e genera così una situazione di conflitto. 

RICORDA!

Lo scopo principale di un flamer è quello di infiammare gli animi e di prevaricare la persona più debole. Non cadere nella sua trappola ed evita di rispondere a messaggi evidentemente offensivi. Se i commenti sono pesanti e volgari segnalali e chiedine la rimozione. 

  • Con il termine “harassment” si indica la molestia vera e propria. A differenza del flaming che avviene su spazi virtuali condivisi, l’online harassment avviene in uno spazio sociale privato. Il molestatore invia ripetutamente messaggi di carattere volgare, minatorio, insultante e aggressivo attraverso chat, e-mail e talvolta telefonate a un individuo preso a bersaglio. 
    In alcuni casi il cyberbullo coinvolge, nella sua attività offensiva, i suoi contatti online. In questo caso si parla di "harassment con reclutamento volontario”.
     
  • L’esclusione è una forma di cyberbullismo più subdola poiché non presenta una violenza di tipo verbale ma produce nella vittima un effetto devastante. In un periodo storico in cui la socialità passa soprattutto attraverso canali telematici, venire “bannati”(dall’inglese “ban”) rappresenta la fine di ogni possibile legame. 
    Il soggetto escluso dal gruppo virtuale (chat di gruppo, forum, etc.) viene spinto all’isolamento e alla solitudine, costretto a tutti gli effetti a un “esilio sociale”.
    L’esclusione provoca, nel soggetto bullizzato, effetti negativi che possono sfociare nella depressione e nella perdita di autostima che lo portano a ritenersi inferiore agli altri.
     
  • La denigrazione ha come scopo principale quello di danneggiare la reputazione o le amicizie della vittima attraverso la diffusione di notizie, fotografie e materiale offensivo non necessariamente veritieri.   
    Molto spesso, infatti, il cyberbullo pubblica materiale modificato (ad esempio fotomontaggi che rendono la vittima protagonista di scene sessualmente esplicite o ridicolizzanti) al fine di nuocere il proprio bersaglio e allontanarlo dal gruppo sociale. 
    L’attività offensiva può essere limitata a una sola azione che, con il contributo degli altri utenti attivi di internet, provoca effetti non prevedibili sulla diffusione del materiale.
    La “denigration” è, inoltre, la forma di cyberbullismo più diffusa dagli studenti ai danni dei propri docenti.
     
  • La sostituzione di identità o “impersonation” è il tentativo, da parte di un cyberbullo, di farsi passare per qualcun altro. Avviene a seguito della violazione dell’account di qualcuno o della creazione di un nuovo profilo sui social network, parallelo a quello della vittima designata. 
    Lo scopo è quello di danneggiare la reputazione, mettere in cattiva luce e trarre un vantaggio contattando terze persone in veste di altri.
    La facilità di diffusione dei messaggi consente di rovinare, spesso irrimediabilmente, il merito di una persona: basta un post su una piattaforma social, un messaggio o la costruzione di un’immagine del tutto diversa per condizionare in negativo la percezione che il pubblico ha della vittima.
     
  • Trickery e Outing (dall’inglese “inganno e rivelazione”) sono di fatto due facce della stessa medaglia. Consistono, infatti, nell’atto di rivelare informazioni private di una persona
    Nel caso dell’outing il cyberbullo (che potrebbe anche essere un amico che a causa di una discussione decide di vendicarsi), in possesso di informazioni personali e riservate, pubblica tali confidenze tramite messaggi, chat o social network, senza l’approvazione e contro la volontà del diretto interessato rendendole così accessibili a tutti.  
    Con trickery, invece, si intende il comportamento con il quale un cyberbullo, fingendosi amico della vittima e instaurando un rapporto di fiducia, acquisisce, tramite l’inganno, informazioni personali che vengono poi diffuse ad altri utenti della rete e, nel peggiore dei casi, utilizzate dallo stesso per ricattare il soggetto bullizzato pena la pubblicazione. 

RICORDA!

Il cyberbullo può avere inizialmente un rapporto equilibrato con la futura vittima, o quantomeno fingere di averlo, per poi assumere una posizione aggressiva, grazie anche al contributo attivo degli altri navigatori di internet.

  • Il cyberstalking o “persecuzione virtuale” è la versione web dello stalking. Si tratta di comportamenti intimidatori, persecutori e molesti ai danni di una persona.
    Il cyberstalker può prendere di mira un soggetto attraverso messaggi ed e-mail minatorie fino ad arrivare al furto d’identità e a veri e propri attacchi hacker. Tormentata e denigrata attraverso offese, minacce, insulti e ricatti, la vittima vive in uno stato di costante ansia e paura.
     
  • L’happy slapping (dall’inglese “schiaffeggiamento divertente”) o “Cyberbashing” (dall’inglese “maltrattamento informatico”) è una forma di violenza fisica che si affianca a quella virtuale
    La violenza compiuta su una vittima (percosse, insulti, denigrazioni…) ,da parte di un gruppo, è ripresa con filmati che vengono successivamente caricati online o condivisi attraverso una rete di messaggistica con lo scopo di deridere e ridicolizzare. 
    L’aggressione subita non è solo quella fisica ma anche quella psicologica in quanto l’umiliazione della vittima è diffusa in rete e tra la cerchia di amici.

La normativa sul cyberbullismo

 

In Italia, sul cyberbullismo, la Legge 17 del 29 maggio 2017 ha dato una definizione piuttosto chiara del fenomeno e ha affrontato, normativamente, il problema. 
I punti rilevanti della stessa sono: 

  1. Una definizione giuridica che favorisce una maggiore consapevolezza dell’importanza di non assumere atteggiamenti persecutori.
     
  2. La possibilità di inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito del social, da parte di ciascun minore ultraquattordicenne vittima di cyberbullismo, una istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti diffusi in Rete. Se entro 24 ore il gestore non avrà provveduto, l’interessato potrà rivolgere analoga richiesta al Garante per la protezione dei dati personali, che rimuoverà i contenuti entro 48 ore.
     
  3. Una collaborazione tra Ministero dell’Istruzione e Polizia postale al fine di adottare delle linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nelle scuole (ogni scuola, inoltre, deve promuovere attraverso un docente formato in materia, un uso sicuro e intelligente della Rete).
     
  4. La previsione di esplicite sanzioni disciplinari presenti nei regolamenti scolastici e la segnalazione del dirigente scolastico, che ne sia a conoscenza, di atti di cyberbullismo ai genitori dei minori coinvolti.
     
  5. Per i minori autori di atti di cyberbullismo, tra i 14 ed i 18 anni, se non c’è querela o denuncia, scatta l’ammonimento: il questore convoca il minore insieme ai genitori. 
     
  6. In caso di denuncia del cyberbullo alla Procura della Repubblica scatta un provvedimento di tipo penale.

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