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Le parole sono importanti: per un uso corretto del linguaggio sui social

Hate speech: come combattere l'odio online

 

Comunicazione online

 

Il mondo online è un ambiente vasto e variegato, in grado di rappresentare e dare voce alle diversità e alle minoranze ma spesso diventa cassa di risonanza per i portatori di rappresentazioni stereotipate, contenuti razzisti e discriminatori.
Il linguaggio ci dice molto di quello che noi siamo e di quello che pensiamo e le parole e le immagini utilizzate per esprimerci in Rete devono essere scelte accuratamente per evitare eventuali fraintendimenti provocati, anche, dall’assenza di fenomeni paralinguistici che, nella comunicazione verbale, accompagnano e evidenziano il nostro atteggiamento. 
Tra i comportamenti che possono sfociare facilmente nel litigio troviamo: 

  • attacco personale: rivolgersi al proprio interlocutore perdendo di vista il punto della discussione ma attaccando l’altra persona semplicemente sostenendo che il problema sia la sua incapacità a comprendere le cose, la sua scarsa alfabetizzazione e simili;
     
  • parole di rifiuto: rifiutare in maniera ferma quanto sostenuto dal proprio interlocutore con frasi come “Non è vero”, senza motivare le risposte possono generare nell’altro una reazione di offesa che rischia di sfociare nel litigio;
     
  • argomento fantoccio: si tratta di una fallacia logica che consiste nel confutare un argomento simile a quello iniziale di discussione ma più debole e pertanto più facile da contestare. 

Per evitare di scadere nel litigio, soprattutto se si tratta di un dibattito online, è necessario supplire alla lontananza fisica con un avvicinamento intenzionale. Cercare di comprendere, per quanto distanti ci possano sembrare, le idee e le tesi del nostro interlocutore. 
Un buon metodo per evitare o limitare il conflitto, oltre al riconoscimento positivo dell’altro, è la capacità di spiegare le proprie idee attraverso l’uso del "perché". In questo modo la discussione rimane su un piano esplicativo e non sfocia nell’emissione di giudizi affrettati. 

 

Comunicazione ostile e social network


Bisogna tenere presente che i social hanno un ampio potere di risonanza e una parola d’odio in Rete è spesso amplificata diventando terreno fertile per una comunicazione polarizzata, ostile e discriminatoria. Questo perché: 

  • illusione dell’anonimato. Quando ci si nasconde dietro  profili finti con nomi fittizi, protetti da uno schermo si hanno meno remore a esprimere posizioni estreme e politicamente scorrette;
     
  • impunibilità delle azioni. In parte gli utenti tendono a sottostimare le ripercussioni che i loro effetti online possono avere sulla loro vita offline. Inconsapevoli delle responsabilità che lo stare in Rete comporta;
     
  • incapacità di immedesimazione. Diversi utenti non sono in grado di valutare il peso del portato socio-psicologico che offese e insulti possono avere sui destinatari. In una completa incapacità a capire le emozioni dell’interlocutore e di empatizzare con lui;
     
  • minimizzazione delle responsabilità personali. In un contesto come i social dove generalmente si pensa di rivolgersi a audience selezionate e a utenti che condividono le proprie idee, manifestare posizioni anche fortemente estreme e poco rispettose del prossimo è più facile grazie alla protezione della propria echo chamber (ovvero quell’ambito omogeneo e chiuso, in cui visioni e interpretazioni divergenti finiscono per non trovare più considerazione).

Sempre più spesso, però, il litigio social, soprattutto quando è carente di argomentazioni per mantenere attivo il dibattito, sfocia nell’hate speech. 
Con il termine “hate speech” (dall’inglese “discorso d’odio” o “incitamento all’odio”) si indicano discorsi (ma anche post, immagini e commenti) e pratiche che esprimono odio e intolleranza verso un gruppo (o un singolo) sulla base di una qualsiasi discriminazione (razziale, etnica, religiosa, di genere o di orientamento sessuale, di disabilità, ecc.). 
L’intento è quello di provocare reazioni violente creando un clima di ostilità e un ambiente poco favorevole alle minoranze. 
L’hate speech affonda le sue radici nel pregiudizio e negli stereotipi. Ognuno di noi per crearsi una propria idea sul mondo raggruppa le informazioni simili in categorie che servono per semplificare e prevedere quello che accadrà in determinato contesto. 
Quando però gli stereotipi vengono associati a un giudizio positivo o negativo basato esclusivamente sulla propria esperienza diventa pregiudizio. 
Il soggetto che utilizza hate speech si serve intenzionalmente di pregiudizi in maniera discriminatoria al fine di danneggiare un gruppo di persone. 
Le principali conseguenze di questo incitamento all’odio sono:

  • un'aggressività maggiore anche durante gli scambi verbali
     
  • la diffusione di pregiudizi e di intolleranza verso categorie altre
     
  • il dilagare di razzismo, misoginia, omotransfobia, etc.

Una conseguenza secondaria dell’hate speech è come questo vada ad attaccare la vivibilità e la salubrità degli ambienti digitali.causando una cattiva esperienza all’utente. 

 

Cosa possiamo fare 

 

Come combatterlo?
Innanzitutto bisognerebbe attenersi ai principi del “Manifesto della comunicazione non ostile” quando ci si raffronta con terze parti, soprattutto se il confronto avviene online:

  1. Virtuale è reale: dico e scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona.
     
  2. Si è ciò che si comunica: le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano.
     
  3. Le parole danno forma al pensiero: mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio quel che penso.
     
  4. Prima di parlare bisogna ascoltare: nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura.
     
  5. Le parole sono un ponte: scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri.
     
  6. Le parole hanno conseguenze: so che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi.
     
  7. Condividere è una responsabilità: condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi.
     
  8. Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare: non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare.
     
  9. Gli insulti non sono argomenti: non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi.
     
  10. Anche il silenzio comunica: quando la scelta migliore è tacere, taccio.

E poi dobbiamo ricordarci che, se ci troviamo di fronte ai dei soprusi, non dobbiamo rimanere indifferenti perché il primo passo contro la violenza è non fare sentire sola la vittima ma sostenerla attraverso una rete di supporto.

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